02/10/16

Old Louis


Louis chiuso in cantina con mezz'etto di mariuana albanese, un mangianastri e svariati altri oggetti, prosegue i suoi esperimenti sulla distorsione temporale. Oppure è morto? Non sono sicuro di niente ormai.
Una settimana segue l'altra, e l'odore acre di mariuana scadente si mischia con l'aroma dolciastro della putrefazione... che sia morto? Oppure sono rimasto seduto su questo divano troppo a lungo e quelle che sento sono le mie piaghe da decubito.



E' un po' che sto zitto. Non saprei dire quanto.
Prendo sul serio la mia ribellione personale. Qui tutti parlano e nessuno ha un cazzo da dire da anni.
Rimasticano quello che hanno visto in tv da piccoli, piccoli brividi nostalgici.
Io da piccolo non ce l'avevo la TV. Io da piccolo ero comunista e leggevo cocteau.
Adesso che mi drogo, ho smesso di leggere.
Sto sul mio divano, ecco tutto. Fisso il piccolo schermo sgangherato. La successione di cosce, volti resi lisci e opachi dal cerone, risate finte, allegria monotona è la dimensione che abito.

Che cosa rimane? Alla fine, se il modo in cui guardi le cose mi disgusta, farti schifo è l'unico modo che ho per andare pari.
Non dico che riuscirò a rovinarti la giornata, ecco.
Però magari, quando torni dal lavoro tutto nobilitato mi incontri e io ti spalmo sul muso il mio bel sorriso di ascessi...
Magari.
Certo, finché me ne sto sul divano, col cazzo che mi incontri.
Ma non fa niente, non fa niente.
Che io sia dannato se ti regalerò ancora un gesto, una parola. Che io sia dannato per la mia stessa esistenza: una condanna che eseguo per conto mio, senza rompere i coglioni, senza muovere un muscolo.

Poi, d'un colpo, Louis riemerge.
Lacerato e lurido! Enfatico! Scordinato!
Il solito vecchio Louis. Imbattibile e inarrestabile. Pieno di idee.
Io lo odio, Louis.
Mi prende per un braccio e mi tira su urlando: Sveglia compagno! Hai dormito abbastanza!
Louis è interamente esclamativo, l'energia nervosa che lo pervade ha bruciato ogni sostanza molle, ciò che rimane è una composizione di ossa, tendini, pelle scabra e secca. Sfoggia un sorriso ultramondano, che gli spacca la faccia lunga e affilata in due, mette in mostra quello che resta della sua dentatura.
Una visione di grandiosità e miseria, terrore e beatitudine.
La mia riluttanza è ben poca cosa, al confronto. Il mio disgusto è irrilevante.
Mi ritrovo in piedi, e poi in strada, calzando ancora ciabatte e pantaloni di spugna e una vecchia t-shirt sulla quale campeggia il simbolo scolorito del ZACF. Il sole mi ferisce gli occhi. Subisco il gruire scomposto della locomozione meccanizzata umana, il tanfo di dinosauri liquefatti dai millenni che si disfanno in esplosioni serializzate, composte.



E' una bella giornata, vedi? Non c'è tempo da perdere! Questo mondo attende di essere salvato!
Povero Louis, colmo di generosità paradossale e cruenta.
Questo mondo è un ponte, mormoro. Attraversalo, non costruirci sopra.
Scuote la testa con vigore: è così che si scolla di dosso le mie ritrosie.
Guardati! Esclama. Eccoti, marcio e derelitto a piangerti addosso. Cosa ci trovi, nella tua immobilità stolida? Quale consolazione ti porta il tuo macerare? Che riposo può darti la merda in cui ti trascini?
Lo ascolto, e la sua voce viene da altri luoghi.
Scende dall'alto di una incrollabile fede, emerge dalle profondità della dissoluzione ineluttabile.
Louis! Esploratore dell'abisso e orfano di ogni lucidità, proprio a lui doveva toccare questo compito meschino?

No, fratello, dico. Niente di quello che dici mi torna.
Siamo nati morti, in ritardo su un mondo già fallito. Siamo zeri fuori posto in un calcolo che ci sfugge, illusi fin dall'inizio. Lasciami tornare a sedere sul mio divano. Guarderò il muro. Accenderò un piccolo schermo, e sorrisi stentorei mi anestetizzeranno. Non penserò più al mio destino, non attenderò nulla, solo il susseguirsi senza fine di applausi registrati.
Lasciami cadere a vite, dico. Lasciami toccare il fondo, e poi restare lì, boccheggiante.
Dammi un po' della tua pessima erba, non farmi sognare mai più.




La mano ossuta di Louis tronca le lamentele, due nocche dure contro la mia faccia molle fanno il suono di una bastonata contro un sacco di carne vuota.
Stupido! Urla
Quello che vuoi è marcire, come se a qualcuno gliene fregasse qualcosa di te, di me, di tutto.
Quello che vuoi è una rivincita infantile, ma nessuno ti sta aspettando, nessuno resterà deluso.
La realtà è una soltanto, non esiste il fallimento, non esiste la morte.
Io ho visto il fondo e la cima! Io ho visto la bestia e l'angelo! Non c'è nulla da dissacrare! Nulla è sacro, tranne il fuoco e il vuoto, e ogni cosa è già persa nel momento in cui viene al mondo!
Svegliati! Respira!
Sei carne morta, non lo capisci? Non devi impegnarti oltre, sei già un nulla, un minuscolo insignificante dettaglio di un cataclisma mastodontico e incomprensibile.
Levati il cappello e scoppia a piangere, se devi, di fronte a sua maesta Il Reale.
Se ti illudi di restare indifferente, egli conficcherà le unghie dell'amarezza e le zanne del rimorso ben dentro le budella del tuo cervello, e ti strapperà i visceri e l'inconscio.
Nessuna droga potrà lenire il dolore. Nessun oblio potrà separarti dal tuo corpo che lentamente va a puttane.

Louis, vecchio enfatico Louis. Lo odio, ecco.
Non si può ignorarlo, non si può fuggire.
Lo seguo per strade piene di rumore e gente, attraverso l'astio ed il disgusto, attraverso l'ansia e l'ignavia, fino alla fine, fino in fondo.
Lo seguo per strade impervie e solitarie, accompagnato dal dolore degli arti e dal senso di colpa, fino a quando il fiato si fa pesante e la fatica intollerabile.
E lentamente cresce in me una gioia ultima, minuscola e poi lentamente più grande, immensa.
Perché ormai sono certo che quando infine crollerò a terra lui non si fermerà.
Non rallenterà il passo, non si volterà indietro.
Continuerà a marciare.