02/09/14

Quello che ti pare

Finita la pausa estiva, è il caso di ricominciare, su questo blog come altrove, da dove abbiamo lasciato. O meglio, dacché non abbiamo mai avuto la presunzione di disegnare una linea riconoscibile, una direzione chiara, una traiettoria netta, è ora di ricominciare da dove mi pare, e provare a continuare nella speranza che infine le crepe si intersechino, da qualche parte o all'infinito, fino a formare la possibilità di uno smottamento.



E tuttavia, il momento in cui si dice a se stessi: "ora posso fare ciò che voglio, cominciare da dove mi pare, immaginare liberamente, inventare!" è anche il momento di una scoperta che ha la sua speciale amarezza. La libertà paralizza. L'assenza di vincoli soffoca. Il fenomeno brillantemente spiegato da Jean Buridan attraverso l'esempio dell'asino si manifesta in carne ed ossa, dimostrando essere tutt'altro che assurda la morte per imbarazzo della scelta.


La mia soluzione personale è, come si può vedere, una forma proiettiva di regresso: libero di parlare di quello che mi pare, parlo della libertà di fare ciò che vi pare. Ma non a tutti viene concesso il lusso di una operazione simile. E non si pensi che la situazione di cui stiamo parlando sia limitata ad una ristretta elìte di sfaccendati. Gli sfaccendati sono proprio coloro che, presi nell'impasse, godono - o soffrono, che è cosa molto simile - della situazione, e possono permettersi di protrarla per goderne o sofrirne ancora. Per tutti gli altri di noi, intendo noi esseri umani, la libertà viene al prezzo della scelta. Fai quello che ti pare, ma per amor d'Iddio: fai qualcosa.

Iddio

Una forte tentazione del sottoscritto, a questo punto, in linea con quanto si diceva qualche post fa riguardo ai bar ed alla potenzialità rivoluzionaria del tirar mattino con una birra in mano, è quella di suggerire che proprio nel protrarre la nullafacenza, nel dilapidare energie, intelligenza e spirito sta la principale di tutte le crepe. Che proprio quando non fai nulla stai rivendicando per te quei bisogni che la nostra società postindustriale costituisce in tabù, abbagliandoti con lo slogan: "work hard, party hard". E in fondo c'è della verità: è assolutamente vero che per funzionare questo mondo richiede da parte mia e tua frenesia sia nel lavoro che nel tempo libero. Soprattutto nel tempo libero. Nella trimurti produci-consuma-crepa, la seconda voce è assai più importante delle altre due.



Eppure, il vostro umile Difaul deve mettere a tacere la tentazione di dichiarare che la nullafacenza è rivoluzionaria. In parte perché sarebbe ingiusto nei confronti di coloro che lavorano costantemente ad aprire crepe ben più profonde e sanguinanti di quelle che abbiamo finora provato a tracciare in questo blog. Ed in secondo luogo perché so che sarebbe un alibi, valido tanto per me quanto per voi, per sdraiarci una volta e per sempre sul divano della storia, e dare ragione al paternalismo dolciastro ma in fondo indulgente di chi in fondo non aspetta altro.


Se dunque la semplice nullafacenza non basta, ed l'assoluta libertà è solo la faccia pulita della castrazione già avvenuta, cosa ci resta? Come potremo essere sani e felici? Quando il mago dice: "scegli una carta, qualunque carta" puoi essere sicuro che il mazzo è truccato. Per fregarlo devi andare con una spranga nel suo camerino mezz'ora prima e sorprenderlo che si esercita, frugare in mezzo a tutti quei coniglietti e colombe e cilindri, per trovare i dodici diversi mazzi che usa per il trucco. Questa metafora oscura serviva a dire una cosa: che occorre attribuire alle scelte una attenzione spasmodica. Ed in particolare al tempismo delle scelte che compiamo, che proprio in base al tempo si distinguono dalle scelte che ci capitano. Quelle non sono vere scelte. Sono un alibi di qualcuno che potrà risponderti ad un certo punto che sei stato tu a scegliere la vita che hai. Che la colpa è solo tua.



non si può illudersi che qualcuno che ha determinato il momento ed il modo di una decisione - quella che preferisci - non la stia condizionando. E' proprio questo che chiamiamo: potere. E ogni sforzo, ogni intenzione, per essere realmente una possibilità di emancipazione, deve realizzare le condizioni della propria illibertà, vale a dire deve essere al tempo stesso realizzata come sacrificio. Bisogna agire fuori tempo. Fuori luogo. Ricavare spazi. Infilarsi nelle crepe, uscirne al momento giusto e saccheggiare, distruggere e ricostruire. Imporre il tempo e lo spazio all'azione altrui. Mai rivendicare a posteriori il compenso promesso. Piuttosto, chiedere un anticipo e scappare.

Così la penso io. Poi fai quello che ti pare.

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